martedì 2 dicembre 2014


I PARADOSSI DEL CALCIO
Nel calcio esistono dei paradossi che fanno pensare e riflettere



Il paradosso del Real Vicenza. Primo in classifica, applaudito, etichettato come società modello del calcio italiano, magistralmente guidato in panchina da Michele Marcolini, diretto dietro la scrivania senza sbagliare un colpo da Lino Diquigiovanni, eppure senza tifosi. Non è un’esagerazione, perché scrutando con attenzione i dati disponibili relativi alla passata stagione, si scopre che nel girone A di Seconda Divisione la media spettatori che ha seguito i biancorossi è stata di appena 138 paganti. L’ulteriore paradosso è che nell’attuale stagione, nonostante il salto di categoria e i continui miglioramenti di una classifica da urlo, il dato è addirittura in calo rispetto a quanto accadeva lo scorso anno. Al momento gli abbonati si contano sulle dita di due mani, mentre sugli spalti le presenze si attestano attorno alle cento unità. Nonostante le promozioni diffuse da un sito internet molto lontano dagli standard di altre realtà professionistiche e gli appelli, il Real Vicenza non è riuscito in alcun modo a erodere spettatori e appassionati al Vicenza e non c’è da stupirsi che sia così, considerato l’attaccamento della piazza allo storico Lanerossi e che i tifosi non si comprano al mercato. L’operazione messa in piedi nel 2010 da Diquigiovanni è stata audace quanto azzeccata, ma non si sa dove potrà portare. Dopo aver inutilmente tentato di acquistare il Vicenza Calcio, di cui è tifosissimo, l’imprenditore attivo nel ramo dei serramenti ha puntato sulla fusione di tre piccolissime realtà parrocchiali, il Leodari del quartiere Villaggio del Sole, il Cavazzale della frazione di Monticello Conte Otto e il Real Vicenza – Laghetto del quartiere Laghetto. Insieme hanno creato il Real Vicenza, capace in quattro anni di passare dal campionato di Eccellenza al sogno, nemmeno tanto campato per aria, della serie B. La domanda adesso sorge spontanea. Se il Real Vicenza dovesse riuscire nell’impresa di scalare un’altra categoria, a quel punto cosa accadrebbe? Si continuerebbe a viaggiare su diverse frequenze rispetto al Vicenza, o si dovrebbe forse pensare a come unire le forze? Nella vicina Verona la favola Chievo ha portato un quartiere a competere nel calcio dei giganti in serie A in antitesi all’Hellas, a Vicenza la storia potrebbe ripetersi. Dietro le quinte si chiacchiera, per ora senza un approdo concreto. Ma prima o dopo, bisognerà per forza di cose farsi qualche domanda. E capire come affrontare la questione.

Il paradosso della Clodiense. Società nata nel 2011 dalle ceneri del Chioggia-Sottomarina non iscritto al campionato di serie D di cui assorbe il settore giovanile e dalla trasformazione del Sottomarina Lido in Clodiense, ben diretta da Boscolo Mauro Gallo in qualità di d.g. e dal presidente Boscolo Ivano Bielo è riuscita il primo anno a centrare la promozione in serie D, il secondo ha sfiorato i play off rimanendo fino a poche giornate dalla conclusione del campionato in corsa per la promozione in lega pro. Gli anni successivi vista la crisi  e l'abbandono degli sponsor si è provveduto ad  un ridimensionamento a livello di budget, la società è riuscita a pescare comunque giovani di prospettiva validi che hanno permesso lo scorso campionato di approdare a una salvezza tranquilla e quest'anno con una buona partenza ad un'ottimo girone di andata.
Anche qui il paradosso è la tifoseria, come per il Real Vicenza anche a Chioggia il tifo manca.
Una piazza  famosa in tutto il Veneto per avere un tifo numeroso e molto caloroso con numeri da categorie superiori sparito, quasi assente. Qui al contrario di Vicenza i tifosi c'erano ma la società per scelta ha deciso un netto taglio con il passato non proseguendo la strada storica dell'UNION ClodiaSottomarina, considerando che un nome diverso non avrebbe intaccato l'affetto della tifoseria verso il calcio. La prima defezione avvenne con gli Ultras  che non accettarono il cambio di denominazione, i vari incontri non riuscirono a ricucire lo strappo portando allo scioglimento degli stessi. Si sottovalutò l'attaccamento dei tifosi ad una squadra come l'UNION CS  che aveva fatto la storia del calcio cittadino.Questa situazione negli anni si è rivelata un boomerang, Le presenze allo stadio  gia' il primo anno erano molto basse attestandosi attorno alle 200/300 persone contro le 600/700 degli anni precedenti, in ulteriore calo risultano negli ultimi anni.
La città ha abbandonato progressivamente il calcio, ha perso l'entusiamo del passato, la società è diventata sorda nei confronti dei tifosi che rivogliono il vecchio nome. Successivamente la società lascia che i giocatori scrivano una lettera aperta ai tifosi perche' ritornino allo stadio, stufi di giocare con spalti semivuoti. 

Il confronto tra due realtà così diverse ma con lo stesso problema, due modi di interpretare lo sport che portano allo stesso risultato con o senza soldi si possono creare ottimi progetti, ma senza i tifosi non si va da nessuna parte,uno stadio senza tifo non è calcio. 

O.C.

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